Incontro annuale
PRIMO CONVEGNO SIDEA, SIEA, CeSET
BENEVENTO, 2-4 LUGLIO 2025
Complesso Sant’Agostino, piazzetta Trescene
Organizzato congiuntamente da SIDEA, SIEA e CeSET, il convegno esplorerà le dinamiche evolutive che hanno trasformato l’agricoltura e i territori in un mosaico di sistemi locali con esigenze diversificate. Si discuterà dell’importanza di politiche “tailor made” per rispondere alle nuove sensibilità dei cittadini riguardo alla cura delle risorse naturali, al legame tra cibo e salute, e alla sostenibilità delle aree urbane e rurali.
Viviamo un’epoca in cui tutto cambia velocemente: gli assetti istituzionali, geopolitici, l’economia, la società. Questo “cambiamento veloce” impatta fortemente sui territori, sui settori produttivi e sugli equilibri socioeconomici, generando interconnessioni non facili da analizzare, interpretare e governare.
I sistemi agroalimentari e i territori sono stati interessati da dinamiche evolutive che hanno determinato il passaggio da un modello omologato a un mosaico di sistemi locali e di agricolture, differenziati per specificità e prospettive. Siamo oggi di fronte ad “agricolture e territori plurimi”, con percorsi di sviluppo e bisogni diversificati, che devono fronteggiare sfide globali di grande impatto, ma di difficile governo. Il cambiamento climatico, le nuove tecnologie, la globalizzazione dei mercati, i vincoli di bilancio degli Stati, sono tutti temi rilevanti per le produzioni agroalimentari e le ruralità, che richiedono impegnative strategie di adattamento e di riposizionamento.
Il cambiamento climatico, in particolare, comporta stress per le risorse naturali, per il suolo e per le colture, compromettendo gli equilibri economici delle imprese agricole e rurali. Lo sforzo di adattamento a tale cambiamento richiede risorse, capacità imprenditoriali e assistenza tecnica e strategica non sempre accessibili. La tecnologia, soprattutto l’intelligenza artificiale, esige professionalità e capacità abilitanti, non sempre rinvenibili nelle aree rurali e questo si traduce in una possibile barriera all’accesso e, conseguentemente, in esclusione dal mercato. Inoltre, la liberalizzazione ha acuito fortemente la competizione nei mercati del cibo, anche per il forte potere esercitato dalle multinazionali, che mette a dura prova le imprese agricole, spesso costrette a operare per la sussistenza, se non addirittura a uscire dal mercato. L’agroalimentare sta cercando di fronteggiare le sfide globali richiamate, attraverso processi di riposizionamento strategico che, pur conservando legami con le tradizioni e le specificità dei territori, ovvero con alcuni dei principali fattori di successo del “made in Italy”, puntano sull’adozione di innovazioni sostenibili, volte a un risparmio di risorse naturali, in particolare dell’acqua, in tutte le fasi della catena del valore.
In tale scenario, diversi territori rurali, soprattutto quelli maggiormente in ritardo di sviluppo e/o interni, sono marginalizzati, con ricadute negative su una molteplicità di aspetti economici, sociali, culturali e naturali. Per le aree interne la crisi è ancora più preoccupante in ragione dei crescenti processi di spopolamento che coinvolgono giovani, perlopiù laureati, che determinano denatalità e, conseguentemente, la chiusura di servizi essenziali, innescando fenomeni di desertificazione economica e sociale. Così, patrimoni di risorse naturali, oltre che culturali, economiche e sociali, di grande valore, sono minacciati da processi di esclusione a cui lo Stato non riesce a dare risposte, se non su base sperimentale (Strategia Nazionale Aree Interne, Strategia nazionale delle Green Communities, ecc.).
Il cambiamento climatico, il consumo di suolo, la carenza idrica, la crisi energetica, gli scandali alimentari, le epidemie, la globalizzazione delle catene alimentari sono tutti fattori che hanno creato nuove esigenze di sviluppo per i territori rurali, ma anche nuove sensibilità tra i cittadini. È cresciuta, infatti, la consapevolezza dell’importanza della cura delle risorse naturali e dell’ambiente per il futuro del pianeta; del legame tra contesti territoriali, cibo e salute, dell’insostenibilità delle aree territoriali a forte concentrazione di risorse (aree urbano-metropolitane e costiere) e della fluidità relazionale che spesso le caratterizza; della ruralità come patrimonio di risorse materiali e immateriali fondamentali per la transizione ecologica, per il riequilibro territoriale e per il benessere sociale. Queste sensibilità hanno portato a nuove domande che la società rivolge alle agricolture e ai territori rurali. Domande di cibo locale e sostenibile, ma anche di turismo esperienziale, di territori incontaminati e di bellezze paesaggistiche, di culture e tradizioni locali.
La crisi prolungata ha, tuttavia, allargato l’area della povertà, spostando ancor più le scelte di acquisto verso i prodotti di importazione, più a buon mercato, ma di minore qualità, con ripercussioni sull’agroalimentare nazionale e locale, contribuendo a rendere lo scenario ancora più complesso.
Questi processi hanno creato, e creano, condizioni economiche e sociali critiche per i cibi nazionali, locali, di stagione, per i quali non sempre viene riconosciuto un giusto valore di mercato e un’adeguata remunerazione per le risorse impiegate nella loro produzione. In tale contesto, diventa essenziale valorizzare il ruolo dei servizi ecosistemici derivanti dall’adozione di pratiche agricole sostenibili, specialmente in contesti produttivi marginali. Il riconoscimento di questi benefici può non solo giustificare prezzi equi per i prodotti locali, ma incentivare l’adozione di pratiche virtuose anche mediante lo sviluppo di modelli e strumenti di governance capaci di affrontare e gestire la complessità delle interconnessioni tra territori, cibo e società, promuovendo una maggiore consapevolezza tra i cittadini e una giusta redditività per gli agricoltori.
Il profondo cambiamento strutturale della società e dell’economia sinora descritto, evidenzia la necessità di definire politiche “tailor made” che sono, però, di difficile realizzazione, soprattutto nelle aree rurali più interne, dove la carenza di competenze tecniche, risorse finanziarie e capitale umano spesso ostacola l’attivazione di efficaci processi di sviluppo bottom up come costantemente auspicato a livello europeo (Long term vision for rural areas). Peraltro, la politica agricola e rurale, prevalentemente di fonte comunitaria, viene talvolta limitata in sede nazionale dai molteplici interessi in gioco, che impediscono una sintesi efficace, anche se il ruolo degli Stati Membri nella definizione e nella gestione delle politiche è notevolmente cresciuto dopo il Trattato di Lisbona che riconosce la sussidiarietà come uno dei principi fondanti dell’Unione Europea. Le ristrettezze di bilancio, inoltre, dovute all’elevato debito pubblico, contribuiscono ulteriormente a ridurre la capacità di azione nazionale.
Lo scenario descritto favorisce l’adozione di un nuovo paradigma dello sviluppo locale, basato sulla centralità del protagonismo locale, che apre prospettive inedite per le Università e i Centri di ricerca, come alcune esperienze in atto già dimostrano. Essi potrebbero, infatti, ritagliarsi un ruolo significativo nel rispondere alla forte “domanda latente” di supporto strategico proveniente dai territori rurali e dalle agricolture locali, implementando in maniera mirata le attività di terza missione.
Un importante aspetto da sottolineare è relativo al ruolo del terzo settore che è diventato un nuovo e interessante soggetto di sviluppo, riuscendo a mettere in campo, nelle aree più fragili, pratiche di “innovazione sociale” che, se supportate dalla ricerca e dalle politiche, possono costituire cellule trasformative e rigenerative dello sviluppo locale e dell’agricoltura, nell’ambito di una sorta di “ecosistema dell’inclusione”. Tra le iniziative più interessanti vi sono, ad esempio, le Cooperative di Comunità e le Cooperative Sociali che contribuiscono alla rigenerazione economica e sociale, operando nei settori dell’agricoltura, della trasformazione alimentare, della sanità e dei servizi ecosistemici.
Dal quadro tratteggiato emerge una complessità di sistema, dovuta alle forti interazioni tra i diversi ambiti delle attività umane. Una complessità che non può essere più affrontata con approcci riduzionistici e in contesti scientifico-culturali specifici, ma che richiede adozione di approcci multidisciplinari, contaminazione di saperi e condivisione di esperienze. Tale necessità è vera in generale, ma lo è ancora di più quando si affrontano le tematiche legate ai territori, al cibo e alla società, che si intrecciano e si condizionano reciprocamente.
L’integrazione dei saperi è diventata la sfida più importante da fronteggiare per cercare di capire, interpretare e governare le dinamiche dell’agricoltura, dell’agroalimentare e della ruralità in risposta alle nuove domande della società. Una sfida a cui le Società scientifiche degli Economisti Agrari non possono sottrarsi per mantenere l’autorevolezza del loro ruolo nella società, anche attraverso la proposta di momenti congiunti di approfondimento e confronto, come il primo Convegno SIDEA, SIEA, CESET.
La scadenza per la presentazione dei contributi è il 28 febbraio 2025.
Tutte le informazioni al seguente link: CESET 2025